La donna della domenica

Fruttero e Lucentini – La donna della domenica (1972)
Un libro all’altezza della sua fama, che promette e mantiene.
Scritto con uno stile ricco, pieno di calembour, di trovate e strabordante di aneddotica; coinvolge e cattura anche solo per la scrittura, nettamente superiore e ricercata rispetto a un qualiasi giallaccio o trilleraccio da cesso/asciugamano/sdraio. La qualità della prosa che paragonata con la povertà della scrittura attuale forse potrebbe sembrare agli occhi di un lettore attuale, un po antiquata, è sopraffina.

Racconto di una borghesia torinese stretta tra l’arrivo della modernità e il vetusto retaggio nobiliare, costituisce il milieu nel quale viene partorito un delitto frutto di meschina avidità.
L’impianto propriamente giallo viene fuori compiutamente più o meno ai due terzi del tomo e dà una brusca accelerata a tutta la vicenda.
Tutto sommato direi quasi un peccato: i detrattori potranno anche parlare di noia fino a quel punto, mentre io mi son divertito moltissimo per come si porta avanti con fredda lucidità la destrutturazione della classe “bene” torinese, sempre chiusa in un perbenismo di facciata, oziosa, molle ed annoiata.
Irresistibili le descrizioni della polverosa burocrazia comunale, di personaggi piccoli e insignificanti, delle piccinerie, dei riti quotidiani.
Un romanzo che visto retrospettivamente, può più di un pamphlet rivoluzionario per come infila il coltello nella piaga, nonostante un finale un po troppo consolatorio.
E’ il mio primo Fruttero & Lucentini e alla fine ne volevo ancora.