Chiedi alla polvere

Chiedi alla polvere – John Fante [Ask The Dust, 1939]
Un libro deve sopravvivere sempre alla prova del cesso.
Che si tratti di narrativa alta o Pulp prima o poi passa di lì.
Quei dieci minuti al giorno sono un anticamera che decide la sorte dell'opera: se il libro ingrana allora puo’ uscire dallo stanzino e diventare un'occupazione fissa finché non finisce come se improvvisamente in casa ci fosse qualcuno sempre bisognoso di attenzioni e che mi segue ovunque.
Altrimenti finisce per tornarsene sullo scaffale.
Questo “Chiedi alla polvere” ha rischiato di fare quella fine, l’ho recuperato per il rotto della cuffia.

Non posso negarlo: a prima parte mi ha quasi ucciso di noia, non sono riuscito ad entrare in sintonia con questo ragazzotto, aspirante scrittore, narcisisticamente rivolto solo verso se stesso, ambizioso e squattrinato, in cerca di avventure ma fondamentalmente pavido, coi sensi di colpa instillati da un moralismo di stampo cattolico.
Ho proseguito piuttosto stancamente per una settimana o due, procedendo lentamente con la tentazione di mollarlo.
Ma poi accadono alcuni fatti e incontri, il meccanismo si mette in moto e scatta anche una amara ironia di fondo che riscatta il tutto.
Sembra di assistere a un diesel ingolfato che finalmente riesce a partire scoppietando.
Il resto l’ho divorato in un paio di giorni.
La figura ambigua di Camilla, l’incontro con Vera, il terremoto, le sbandate, i comportamenti insensati, l’amara conclusione, sono dei pezzi di bravura, un misto di uno stile asciutto e scorrevole e qualche incursione nel lirismo poetico.
Un po come leggere un Hemingway con una spruzzata di Salinger.
Ottimo.